Nel 1532, sull'intero planisfero, acquisiscono la loro forma definitiva le vicende nate dalla penna di Ludovico Ariosto che, nell'Orlando Furioso, narra di personaggi di ogni sorta schierati nelle file della guerra tra cristiani e saraceni, senza mai perdere il filo conduttore rappresentato dalla perdita del senno del paladino per eccellenza Orlando. L'opera trova le sue fondamenta su diversi filoni, principalmente sull'ironia con cui Ariosto investe ogni elemento contemplato nel poema in quanto appartenente ad un mondo antico e claustrofobico quale il Medioevo ,cui funerali vennero celebrati dal Rinascimento, era stato. Nelle ottave ariostesche c'è spazio per la magia, intesa nella sua forma buona e in quella cattiva, per l'amore cortese e per la fedeltà sancita tra il cavaliere ed il suo re, per la solidarietà tra commilitoni.
Poema, quello ariostesco, che ha ispirato, e tuttora ispira critiche e riflessioni che spesso si traducono in opere quale quella scritta da Italo Calvino nel 1970. Animato da un grande amore per lo stile di Ariosto e per l'autore stesso, Calvino spoglia il Furioso riducendolo all'essenziale, commentandone le ottave a suo parere più salienti e mettendone in evidenza gli aspetti fondamentali. Egli non manca di sottolineare l'aspetto ironico, ma anche quello umano delle tematiche e delle vicende che si dipanano per tutto il mondo conosciuto da Carlo Magno; è consistente lo spazio lasciato alla capacità ariostesca di edificare strati e strati di narrazione che risultano disparate tra loro, ma non si disperdono mai e tanto meno conferiscono al poema una pesantezza ampollosa. Al proposito che sembrerebbe quello di celebrare ed evidenziare il Furioso nel 1973 viene scritto “Il castello dei Destini Incrociati” all'interno del quale Calvino guarda con la lente d'ingrandimento alcuni degli episodi ridotti al dettaglio da Ariosto che non consente a duelli, armate, amori e incantesimi di soffermarsi troppo a lungo. Disponendo i tarocchi sulla tavola dapprima di un castello ed in seguito di una taverna, i personaggi più diversi accomunati dal fatto di essersi persi nel bosco e dall'aver perso l'uso della parola, rendono nota ai commensali la propria storia. Ogni episodio narrato, nella sua brevità, è emblematico dei temi trattati nel Furioso. Ecco che quindi, nel disporre i tarocchi per comporre la propria vicenda, si alternano spose dannate per aver rifiutato l'amore che ricordano l'atteggiamento remissivo di Angelica; l'alchimista che paga lo scotto per aver voluto superarle conoscenze umane, tema su cui Ariosto sofferma il pensiero di tutta la sua vita formulando per l'umanità il consiglio di riconoscere i limiti concessi, raggiungerli, ma non sorpassarli. Attraverso i tarocchi parla perfino Orlando, ossimoro vivente che passa dall'essere un esemplare di perfetto ed onorabile paladino a correre nudo compiendo stragi ed atti irrazionali di qualsiasi tipo dopo aver perso il senno per amore. “Il castello dei destini incrociati” ospita l'intreccio di trame che già il suo ispiratore, il Castello di Atlante, aveva ospitato senza però speculare riguardo il tema di fondo, invece asse dei brevi, ma esemplificativi, vissuti narrati dai tarocchi. Il percorso che procede a zigzag uscendo dal furioso ariostesco per addentrarsi nel più modesto e di natura esplicativa “Castello dei destini incrociati” di Calvino, opera foriera della concezione novecentesca del Furioso, è improntato dalla modernità di cui Ariosto è promotore. Il personaggio del Furioso percorre il mondo in orizzontale alla conquista del proprio destino; nel poema i cavalli e i cavalieri corrono a briglia sciolta senza dogane di limitazione umana imposte dal dogmatismo ecclesiastico, autorevole e culturale di cui il Medioevo si era nutrito. Paradigmatico è l'avvicendarsi degli incarichi di Astolfo che, dapprima sale sulla Luna, quel corpo perfetto ed inviolabile nel Medioevo, ed in seguito restituisce a Orlando il proprio senno, rappresentando così la rinascita razionale dell'uomo.
Orlando e l'intricato svolgimento delle vicende più diverse ed assurde dei suoi compagni di viaggio, hanno quindi aperto la strada al romanzo moderno in una terra su cui, a detta di Ariosto, non è rimasta che pazzia.
Luana Cau
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