mercoledì 15 ottobre 2008

Simonetta: Musa delle Muse

Nel leggere le “Stanze per la giostra” di Angelo Ambrogini meglio conosciuto come “Poliziano” (1454 Montepulciano – 1494 Firenze), è interessante soffermarsi sull’analisi della figura di Simonetta, oggetto dell’amore di Giuliano, il protagonista dell’opera.
Simonetta Vespucci era una donna fiorentina della quale Giuliano, il fratello di Lorenzo il Magnifico, s’invaghì, nonostante ella fosse sposata con Marco di Piero Vespucci.
L’intensità e la dolcezza dell’amore platonico che la donna suscita nel giovane, caratterizza l’opera sin dall’esordio. Infatti, Giuliano viene rapito dall’amore per Simonetta, sin dal primo incontro narrato nel primo libro, più precisamente nei versi 43-49, 55.
In questi passi la figura della donna fiorentina viene trasferita su un piano surreale che l’autore dell’opera crea tramite le sue descrizioni, capaci di influenzare tutto ciò che la circonda. Simonetta viene, infatti, descritta mentre, seduta sull’erba, tiene in mano una ghirlanda da lei intrecciata di fiori, ornamenti principali e multicolori della sua veste (Ell’era assisa sovra la verdura / allegra, e ghirlandetta avea contesta / di quanti fiori creasse mai natura, / de’ quati tutta dipinta era sua vesta. vv.33-36).
Immersa nella natura, anzi, facendone parte, è capace di illuminarla con la sua presenza (Rideli attorno tutta la foresta, / e quanto può suo cure disacerba; vv. 5-6.). Ella infonde serenità: è candida ed il suo candore fa risplendere anche la sua veste ornata (Candida è ella, e candida la vesta, / ma pur di rose e fior e d’erba; vv. 1-2), i suoi capelli dorati e ricci le cadono sulla fronte (lo inanellato crin dall’aurea testa / scende in la fronte umilmente superba. vv. 3-4), nelle azioni e nel parlare è docile e divina (nell’atto regalmente è mansueta, v. 7; ogni aura tace al suo parlar divino, v. 15) e come dolcemente parla, dolcemente ride ( … ella o dolce parla o dolce ride, v.24).
Per la stesura di questa ricca descrizione l’autore, come suo solito, non mette da parte la docta varietas (stile colto, raffinato e, nel contempo, vario e ricco di elementi provenienti da autori e correnti precedenti) che lo contraddistingue, ma si rifà a vecchi stili ed autori: in questi passi, più che mai, abbondano soprattutto i richiami petrarcheschi (gli ossimori umilmente supreba, v.4; le immagini dell’inanellato crin e dell’aurea testa, v3). Evidenti sono anche i rimandi alla poesia stilnovistica, al Purgatorio di Dante (XVIII, il personaggio di Matelda; XXX l’apparizione di Beatrice) e perfino a Botticelli, in quanto i vv. 39-40 sembrano descrivere il lembo piegato della veste nella Primavera.
Ma l’autore, nonostante dedichi davvero moltissime parole alla descrizione dell'aspetto della donna, non si ferma solo sul piano fisico: egli, infatti, arricchisce anche psicologicamente la figura di Simonetta con caratteri e particolari quasi magici, capaci di “divinizzarla”.
Poliziano riesce nel suo intento compiendo fondamentalmente due operazioni: in primo luogo, rende Simonetta la sintesi di ogni virtù (ogni dolce virtù l’è in compagnia, vv. 31) e, in secondo luogo, la paragona ad altre figure della mitologia.
Simonetta impersona, infatti, l’Onestà (Con lei sen va Onestate umile e piana / che d’ogni chiuso cuor volge la chiave; vv. 17-18), la Gentilezza (con lei va Gentilezza in vista umana, / e da lei impara il dolce andar soave. vv. 19-20), la Beltà e la Leggiadria (Biltà la mostra a dito a Leggiadria. v. 32).
La donna amata da Iulio viene inoltre paragonata dall’autore a tre importanti e distinte figure mitologiche (Sembra Talia se in man prende le cetra, / sembra Minerva se in man prende l’asta; / se l’arco ha in mano, al fianco la faretra, / giurar potrei che sia Diana casta. vv. 25-28) delle quali due, Minerva e Diana, sono dee (rispettivamente protettrici della guerra e della caccia) mentre la prima citata dall’autore, Talia, è una Musa (più precisamente la musa della commedia).
Con la prima operazione, che il poeta di Montepulciano svolge, non solo attribuisce alla donna fiorentina numerose virtù che ella stessa impersona, ma, di conseguenza, fa in modo tale che i mali, identificati con Ira e Superbia, le stiano lontani (Ira dal volto suo trista s’arretra, / e poco, avanti a lei, Superbia Basta; vv. 29-30).
La personificazione di concetti astratti è rintracciabile anche in testi precedenti all’opera di Poliziano. Egli, infatti, nemmeno in questo caso rinuncia alla sua docta varietas, che, come sostiene Ghino Ghinassi nel suo "Il volgare letterario nel Quattrocento e le "Stanze" del Poliziano" (1957) è stato additato come il carattere fondamentale della sua poesia. Infatti, l'autore segue un procedimento di tipica ascendenza stilnovistica, lo stesso che caratterizza le narrazioni allegoriche dei Triumphi del Petrarca ed è connesso, peraltro, con la teoria platonica delle idee.
Nei versi che seguono quelli finora presi in esame (41-56) l’autore fa si che Iulio incontri Simonetta e che se ne innamori all’istante. E’ fondamentale per capire meglio la figura della donna, esaminare le sue reazioni alla vista del giovane.
La prima reazione è, sicuramente, dettata dal timore e dalla paura, infatti cerca di scappare (Già s’inviava, per quindi partire, / la ninfa sovra l’erba, lenta lenta, / lasciando il giovinetto in gran martire, / che fuor di lei null’altro ormai talenta. vv. 41-44). Il suo tentativo di fuga, però, rimane vano poiché Iulio, non volendo perderla, la trattiene e dopo averla convinta a cambiar idea, la lusinga con dolci parole degne di una dea. Il giovane non si ritiene, dunque, all’altezza di Simonetta, che pensa sia una divinità.
Ella, dopo aver ascoltato attentamente le parole di Iulio si rasserena (Poi con occhi più lieti e più ridenti, / tal che ‘l cielo rasserenò d’intorno / mosse sovra l’erbetta passi lenti / con atto d’amorosa grazia adorno. vv. 57-60) e gli concede il suo candido amore che anche la natura, lieta ed emizionata, celebra (Feciono e boschi allor dolci lamenti / e gli augelletti a pianger cominciarono: / ma l’erba verde sotto i dolci passo / bianca, gialla, vermiglia e azzurra fassi. vv. 61-64).
Sono, dunque, tutte queste caratteristiche che rendono possibile la totale divinizzazione di Simonetta, Musa delle Muse. Una divinizzazione definita “totale” poiché nel fisico, nell’animo e nei comportamenti sono riscontrabili tratti e caratteristiche che superano l’umano e che trasferiscono la donna su un piano esplicitamente mistico.
Angela Muretti

3 commenti:

  1. Ciao Angela,
    hai fatto un bel lavoro. Ti raccomando una revisione del testo per eliminare qua e là qualche refuso come "cure", "Boticelli" e qualche altra svista.
    il prof

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  2. Angela!!
    ciccina questo saggio è fatto proprio bene!!*

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  3. Bellissimo il commento Angela
    Il Poliziano è il mio autore
    preferito. Grazie

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